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Critica - 2

Salvatore Lanzafame

La mia personale frequentazione con l'artista mi ha offerto ripetutamente il piacere di ascoltare dalle sue stesse parole il senso dell'arte che nel tempo lo ha animato, inducendolo a sperimetazioni che -questo mi pare un pregio straordinario- hanno saputo conservare il valore della misura che tanto è appartenuto al mondo classico."Com'è possibile -ci si potrà chiedere- per una pittura di rottura, che procede a cavallo tra il figurativo e l'astratto, mantenere chiari legami con i canoni classici?".

In verità, la risposta è di Salvatore Lanzafame: in essi, infatti, si perpetua un liquido moto circolare, continuamente impegnato a raggiungersi e superarsi, come fa l'uroboros di molte antiche civiltà: quel serpente cioè che si morde la coda, e che in questo atto torna sui propri passi per accrescerli e rinnovarli... Permane ancora la sobrietà di un tratto e di un corpo pittorico capaci, insieme, di trascendere il "cappio" della mera grafica -consentendo perciò alle brezze del libero sentire di soffiare- eppur di rispettare il senso del reale, mantenerlo riconoscibile senza pretendere assurdamente nell'interlocutore, nel fruitore della sua arte, quelle estenuanti iperboli interpretative tipiche del figurativismo astratto contemporaneo.

Giorgio De Luca (2002).


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